La vitamina
D è classicamente nota per il suo ruolo nel calcio, omeostasi e mineralizzazione
ossea. Tuttavia, recenti studi hanno dimostrato che essa interviene in numerosi
processi fisiologici, compresa la modulazione della proliferazione cellulare,
differenziamento, e apoptosi, e in funzioni neuromuscolari, ormonali e
immunitarie. D'altra parte, la vitamina D può anche giocare un ruolo in più
nelle malattie croniche come il cancro,ma mi concentrerò sulla vitamina D in relazione alle malattie
della pelle.La vitamina D è un composto liposolubile che gli esseri umani
ottengono quando la pelle è esposta ai
raggi ultravioletti (UV) della luce solare
e attraverso la dieta in alcuni alimenti. Sebbene naturalmente
presente in pochissimi alimenti, due solo sono quelle piu’ interessanti per
l’uomo: la vitamina D2 (ergocalciferolo) e
vitamina D3
(colecalciferolo) . Gli esseri umani sintetizzano la vitamina D3 quando
7-deidrocolesterolo, presente nei cheratinociti dell’epidermide, interagisce
con la luce UV. 7-deidrocolesterolo assorbendo la luce a lunghezze d'onda nella
gamma da 270 a 300 nm, sebbene la sintesi della vitamina D3 ottimale avviene a
lunghezze d'onda di 295 a 300 nm.Gli individui con un contenuto più elevato di
melanina nella loro pelle,richiedono una maggiore esposizione alla luce UV per
produrre lo stesso livello di vitamina D3 come individui con meno melanina.La vitamina
D è necessaria per mantenere calcio e fosforo nel sangue. Oggi, sappiamo che la vitamina D esercita
effetti importanti su vari tipi di cellule,compresi gli effetti
immunomodulatori e antiproliferativi sulle cellule tumorali. La
relazione potenzialmente importante tra la vitamina D e il cancro ha ricevuto
particolare attenzione. Il caso più forte per un legame significativo tra la
vitamina D e l'incidenza di tumori specifici è stato fatto per il cancro del
colon. Ancora,studi osservazionali suggeriscono un ruolo per la vitamina D
nell’incidenza del cancro al seno, alla prostata, ovaio, rene,endometrio, e
altri organi.In accordo con i suoi effetti sulla omeostasi immunitaria,dati
recenti suggeriscono che vi è una relazione tra livelli di vitamina D e
malattie autoimmuni o infiammatorie. Gli studi indicano che la vitamina D può
modulare risposte infiammatorie. Infatti, essa può regolare l'espressione dei geni che
generano tale infiammazione, tra cui cicloossigenasi e 5-lipossigenasi.D'altra
parte, la dimostrazione del ruolo della
vitamina D in varie malattie, comprese le malattie dermatologiche come menzionato
sopra, hanno dimostrato che la vitamina
D puo’ migliorare i casi di psoriasi,
che è una malattia infiammatoria cronica della pelle, non infettiva né
contagiosa, solitamente di carattere cronico e recidivante. Nella sua
patogenesi intervengono fattori autoimmunitari, genetici e ambientali. Le cause alla base della psoriasi non
sono ancora del tutto chiare, ma si ritiene che la componente genetica ed
immunologica abbiano un ruolo fondamentale. Diversi fattori ambientali sono in
grado di scatenare od aggravare la psoriasi. Fra questi un ruolo importante è
rivestito da traumatismi della pelle, processi infettivi ed alcuni farmaci.
Recenti evidenze sembrano
suggerire che nei pazienti affetti da psoriasi, in particolar modo nella
variante “a placche”, sia più facilmente riscontrabile una carenza di questa
vitamina. Le ragioni del deficit non sono chiare ma i dati sono in linea con
precedenti analisi che avevano evidenziato bassi livelli di vitamina D in altre
patologie dermatologiche immunomediate quali dermatite atopica, vitiligine e
orticaria cronica.
I
ricercatori dell’Università di Verona hanno nuovamente affrontato l’argomento
in uno studio pubblicato sul British Journal of Dermatology e condotto su 145
pazienti affetti da psoriasi a placche, 112 con artrite reumatoide (AR) e 141
individui sani utilizzati come gruppo di controllo. L’età media dei
partecipanti era di 53,9 anni.
La ricerca
procedeva quindi sulla misurazione dei livelli plasmatici di 25(OH)D e di
ormone paratiroideo rispettivamente in primavera, estate, autunno e inverno del
2010 riscontrando come la mancanza di vitamina D, definita con livelli di
25(OH)D inferiori a 20 ng/mL, fosse significativamente più frequente in
pazienti con psoriasi rispetto a quelli con AR e al gruppo di controllo (57.8%
vs. 37.5% e 29.7%).Inoltre, tale carenza risultava sensibilmente maggiore in
inverno, con riferimento ai livelli di ormone paratiroideo e di calcio non si
riscontravano, invece, differenze significative tra i tre gruppi.Sebbene siano
necessari ulteriori approfondimenti a conferma di quanto emerso è importante
non trascurare questo segnale, anche
perché i bassi livelli di 25(OH)D sono stati associati ad un aumentato rischio
di diabete mellito, sindrome metabolica e patologie cardiovascolari. Grazie a
tutti per la vostra attenzione.
Gigantiello
Carmela
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