martedì 29 dicembre 2015
TABACCO AL PESTICIDA Si potrebbe affermare che se il tabacco viene coltivato in casa Europa la qualita' puo' essere piu' garantita, soprattutto se si pensa all'uso di fitofarmaci da noi vietati che paesi del Terzo Mondo usano per le coltivazioni. Ma i fumatori italiani devono sapere che anche il tabacco italiano (e non solo) e' irrorato di pesticidi. Pesticidi che ovviamente vengono poi fumati, unendosi alle altre sostanze dichiaratamente cancerogene. Una produzione "bella", dove la foglia non e' rovinata da afidi e pulci, viene pagata di piu' al mercato. L'uso di pesticidi per trattamenti preventivi e di cura sono quindi notevoli al fine di proteggere le foglie, ma non l'ambiente, le falde acquifere, l'aria delle zone tabacchicole. Quindi a rimetterci in salute e' l'ambiente e anche chi non fuma. Certo, esiste una regolamento comunitario che incentiva gli agricoltori a sostituire quando possibile i prodotti chimici con quelli meno dannosi per l'ambiente: si chiama lotta integrata. Chi la fa prende piu' soldi ancora, come premio perche' rispetta l'ambiente. Pare la facciano in tanti. E perche' non dovrebbero? Continuano a buttare i pesticidi quando e' necessario? Gli stessi disciplinari regionali relativi alla 20/78 (ovvero uno schema di massima che suggerisce ai coltivatori i trattamenti consentiti e quelli alternativi a minor patto ambientale) sembrano non rispettare l'obiettivo del regolamento che e' quello di sostituire quando possibile gli antiparassitari chimici con quelli biologici. L'agroecologo da noi consultato, Giuseppe Altieri, ha rilevato che (per fare un esempio) nel disciplinare umbro non vengono privilegiati i metodi alternativi a minor impatto ambientale come il solfato di rame. Forse per incompetenza, forse per non danneggiare il mercato ricco dei pesticidi. Quindi la lotta integrata che gode dell'alto premio della CEE potrebbe essere solo di facciata. Quindi una truffa (stiamo indagando a proposito e ritorneremo su questo argomento in un prossimo servizio). Ovviamente tutto accade per prendere dall'Unione Europea piu' contributi di quanti gia' non ne vengano dati: circa 600 mila lire in piu' per ogni ettaro coltivato. Va detto che i soldi per i contributi all'agricoltura, l'UE li prende dalle nostre tasche e da quelle degli altri cittadini dell'unione. Tra le altre cose la lotta biologica sembrerebbe dare ottimi risultati sul tabacco. Abbiamo visto ad Anghiari (provincia di Arezzo) i campi coltivati di Kentuchy, il tabacco usato per i sigari toscani. I campi sono quelli del signor Cimbolini che si e' prestato per la sperimentazione della coltivazione biologica di quella varieta' di tabacco che e' tra i piu' irrorati di pesticidi perche' la foglia esterna (detta di fascia) viene utilizzata per "fasciare" il sigaro, ma quella foglia per essere pagata piu' di qualsiasi altro tipo di tabacco, deve presentarsi senza un buco provocato dalle pulci. Quindi e' una guerra agli afidi e alle pulci che rovinano le foglie. Una guerra chimica. Ovviamente chi incentiva il tabacco non pensa alle drammatiche conseguenze ambientali provocate da questa coltivazione. Se si pensa poi che il Ministero della sanita', ripeto il ministero che dovrebbe tutelare la salute e che fa le leggi contro il fumo che fa male, per regolamento della Comunita' Europea avrebbe dovuto revisionare alcuni pesticidi usati in agricoltura, quelli sospettati di essere piu' tossici. E non l'ha fatto. l'Italia e' cosi' l'unico paese membro dell'unione europea a disattendere il regolamento. Per informazioni generali e per saperne di piu' sulle tecniche di tabacchicoltura biologica: Dottor Giuseppe Altieri: "Agernova, Agroecology in action"
domenica 27 dicembre 2015
SUFFUMIGIO AL BICARBONATO - Tra quelli sicuramente più conosciuti e utilizzati vi è il suffumigio al bicarbonato, perfetto per decongestionare le vie respiratorie. Per prepararlo mettete a bollire in una pentola un litro d’acqua che una volta giunta a ebollizione dovrete versare in una bacinella a cui aggiungere due cucchiai di bicarbonato di sodio. Tenendo la testa coperta con un asciugamano in modo da evitare la dispersione del vapore sprigionato dall’acqua calda, respirateli per circa dieci minuti.
mercoledì 16 dicembre 2015
giovedì 10 dicembre 2015
COCA-COLA: La Coca-Cola torna sotto i riflettori per uno scandalo. Stavolta, l’accusa riguarda i legami tra la multinazionale e il mondo della ricerca, finanziato per svolgere studi favorevoli per l’immagine dell’azienda. Travolta dagli elementi emersi in diverse inchieste giornalistiche, il direttore della divisione scientifica della Coca-Cola, Rhona Applebaum, è stata ora costretta alle dimissioni. Secondo le inchieste condotte soprattutto dal «New York Times», la Coca-Cola ha contributo a creare e finanziare nel 2014 il «Global Energy Balance Network», una rete di studiosi sull’obesità e i problemi ad essa legati. Il network avrebbe diffuso presso l’opinione pubblica l’idea secondo cui l’obesità epidemica nelle popolazioni occidentali non fosse dovuta all’eccessivo apporto calorico dell’alimentazione, quanto alla mancanza di attività fisica. Lo scandalo dunque coinvolge anche diversi importanti accademici, a partire dai fondatori del «Global Energy Balance Network» Steven Blair (università del South Carolina), James Hill (Università del Colorado) e Gregory Hand (Università del West Virginia). Dopo le inchieste, iniziate nell’estate di quest’anno, le rispettive università hanno rivelato i notevoli finanziamenti ricevuti dalla Coca-Cola ancor prima di fondare il «Global Energy Balance Network». La Coca-Cola sosteneva le ricerche di Blair e Hand sin dal 2008, con quasi 4 milioni di dollari di finanziamenti. L’Università del Colorado, da parte sua, dopo le inchieste ha deciso di restituire all’azienda il milione di dollari ricevuto. Le inchieste della stampa hanno dimostrato che lo stesso sito internet del «Global Energy Balance Network» era stato registrato e amministrato dalla Coca-Cola. L’azienda, rivela uno scambio e-mail divulgato dalla Associated Press, offriva ai ricercatori anche un programma di formazione per i rapporti con i media. In seguito all’inchiesta, lo stesso amministratore delegato della Coca Cola aveva ammesso che dal 2010 a oggi la Coca-Cola ha speso 120 milioni di euro per finanziare la ricerca nel campo dell’obesità. I soldi dell’azienda erano arrivati anche all’«Accademia Americana di Pediatria» (3 milioni di dollari) e a quella di «Nutrizione e Dietetica» (1,7 milioni di dollari). Dopo le rivelazioni, entrambe le associazioni hanno troncato i rapporto con la Coca-Cola. Il tema dell’obesità è molto sentito dall’opinione pubblica statunitense e Coca-Cola e alle altre aziende produttrici di bevande gassate e dolci ne stanno facendo le spese. Il consumo di bevande zuccherate è considerato uno dei principali fattori scatenanti dell’obesità presso i giovani, sopratutto negli Stati Uniti, e le campagne di informazione hanno pesantemente colpito le vendite di Coca-Cola. Negli Stati Uniti, il consumo di Coca-Cola e altre bevande gassate è calato di circa il 25% negli ultimi vent’anni, e da ormai un decennio la crisi riguarda anche le versioni «Diet». Anche se in Asia e America Latina le vendite continuano a crescere, i mercati occidentali forniscono tuttora oltre i due terzi dei ricavi della Coca-Cola. Negli ultimi anni, per frenare l’introduzione di «soda tax» e altri provvedimenti legislativi volti a ridurre il consumo di calorie degli americani, la lobby statunitense del Food & Beverage finanzia i parlamentari statunitensi con circa 30 milioni di dollari l’anno. 7 di questi provengono dalla sola Coca-Cola, la più impegnata nel settore. Come raccontano le inchieste che hanno portato alle dimissioni di Applebaum, il «supporto» ai ricercatori era ancora più elevato. I legami tra la lobby dello zucchero e la comunità scientifica non sono un’esclusiva statunitense.
mercoledì 9 dicembre 2015
domenica 6 dicembre 2015
venerdì 4 dicembre 2015
LIBERA LA TUA LINFA: La linfa rappresenta per il nostro corpo un elemento indispensabile per fagocitare ,attraverso i macrofagi,le sostanze di scarto digerendo così i residui che cellulari,che siano agenti patogeni o corpi estranei.La loro è una funzione di tipo difensivo.Riguardo la comppsizione della linfa è utile precisare che essa è costituita da una parte plasmatica ,formata dal liquido e dai soluti in esso disciolti,e una parte corpuscolata o cellulare,formata da elementi figurati o cellule.Nella parte plasmatica sono contenute proteine,elettroliti,glucosio,azoto,colesterolo ,ferro,enzimi ed ormoni.Per quanto riguarda la parte corpuscolata è interessante capire che le cellule che viaggiano all'interno dei vasi linfatici sono rappresentati dai linfociti ,globuli bianchi globuli rossi ,cellule di transizione ,ecc.Il DNA dei linfociti sarebbe usato dalle cellule dell`organismo per la costruzione o la riparazione dei tessuti dannaggiati o invecchiati.
BURRO DI KARITE`: Il suo largo impiego nella dermatologia e cosmetologia moderne è dovuto alle sueproprietà cicatrizzanti, emollienti, elasticizzanti, antiossidanti , lenitive e riepitalizzanti. Ma ciò che più lo rende prezioso è l’altissimo contenuto di insaponificabili, sostanze indispensabili per il mantenimento della naturale elasticità della pelle poichè intervengono nella formazione di collagene ed elastina. E’ un ottimo protettivo dall’azione di sole, vento e gelo. In più, essendo ricchissimo di vitamine, è utile in qualsiasi caso di dermatite, eritema, irritazione e arrossamento della pelle di bambini e adulti. Il suo uso prolungato migliora la circolazione del sangue a livello capillare, motivo per cui è adattissimo a chi soffre di couperose. In allattamento previene la dolorosa formazione delle ragadi, dopo un’ingessatura ripara e ammorbidisce la pelle, contrasta efficacemente la secchezza e le callosità di mani, gomiti e piedi ed è un ottimo rinforzante per unghie fragili. Eccellente cosmetico naturale antirughe per viso e decolletè, ridona elasticità e compattezza alla pelle e può essere impiegato anche come lenitivo e idratante dopobarba, caratteristiche che unite al suo alto grado di assorbimento senza effetto “unto” lo rendono una vera panacea terapeutica e cosmetica. Per informazioni contattare il 328/8861653
giovedì 3 dicembre 2015
Adiposità ed inquinamento
Sempre più convinta che l'obesità sia correlata con l'inquinamento, infatti a tal proposito troverete in fondo all'articolo uno studio americano, fatto su tanti bambini e loro madri .
Prima di arrivare a questo,vi spiego che cos'è l'obesità ,fattori che la creano e possibilità di miglioramento nell'attivare lo stoccaggio degli adipociti.
Esistono due tipi di adiposita`:
1)adiposità localizzata,2)adiposità diffusa. Nel caso dell’adiposità localizzata il grasso si concentra in determinate parti del corpo, infatti nelle donne le zone più colpite dalla presenza di adipociti sono i fianchi, i glutei e le cosce, mentre negli uomini il grasso si concentra prevalentemente sull’addome. Le cause di questi accumuli localizzati di adiposità sono da ricercarsi nell’ambito della genetica, in quanto dipendono dalla razza, dal sesso e dalla funzionalità ormonale, oppure sono legate al fattore ambientale, in particolare al tipo di alimentazione, stile di vita sregolato, utilizzo di farmaci particolari.
Sedentarietà, calo di estrogeni, calo del testosterone ed eccesso di cortisolo sembrano favorire l’accumulo di grasso in certe zone. In particolare il calo del testosterone nei maschi e di androgeni nelle femmine causa una differente disposizione del grasso che tende a concentrarsi in zone preferenziali, provocando un incremento dell’adiposità localizzata.
Bisognerebbe quindi,
1)Eliminare l’eccesso di estrogeni provenienti dalla carne;
2)Contrastare il calo del testosterone; 3)Combattere l’eccesso di cortisolo, detto ormone dello stress che viene prodotto in situazioni di stress. 4)Abbassare il livello dello stress, dormire regolarmente, evitare lunghi digiuni;
5)Potenziare le zone dove il grasso si accumula. L’adiposità negli uomini si concentra nella parte superiore, al di sopra dell’ombelico e viene definita androide o a mela, nelle donne prevale invece quella di tipo ginoide concentrata negli arti inferiori.
Uno dei rimedi per bruciare il grasso in eccesso è avere un’alimentazione equilibrata e una costante attività fisica. Un allenamento costante permette di bruciare i grassi in eccesso.
Esistono vari metodi alternativi che riducono l’adiposità anche in campo estetico con ottimi risultati, ad es: cataplasmi, bendaggi a caldo/freddo, sieri, creme, oli essenziali ad azione liporiducente, attivando il microcircolo, indicati per l’adipe poiché creano un aumento del flusso sanguigno a livello cutaneo, apportando una riduzione in volume degli adipociti. Questi prodotti sono a base di estratti di Edera, Tea Verde, Alga Sphacelaria, Estratto di Caffè Verde,Carnitina.
Queste creme e sieri possono essere utilizzati in zone specifiche con trattamenti localizzati, ma bisogna tener presente che se la cliente ha problemi di disfunzioni alla tiroide, poiché alcuni cataplasmi contengono il Fucus Vesiculosus, é bene evitare. La posa del cataplasma dopo l’applicazione è di 30/45 minuti in cartene.
Oltre ai fanghi si possono utilizzare le fasce autoriscaldanti o rassodanti,che permettono di stimolare il microcircolo con un conseguente miglioramento della tonicità tissutale e riossigenazione dei tessuti sottostanti, ottenendo una riduzione in centimetri.
Anche i massaggi a loro volta consentono una riduzione dell’adiposità, poiché facilitano l’eliminazione delle sostanze tossiche dell’organismo e dei liquidi in eccesso, agendo sulla circolazione sanguigna.
L’adiposità diffusa rappresenta invece, una condizione diversa rispetto all’adiposità localizzata poiché si tratta di una vera e propria patologia le cui cause riguardano problematiche più serie come l’ipotiroidismo, patologie del metabolismo e l’insulino-resistenza, ovvero quando le cellule dell’organismo diminuiscono la propria sensibilità all’azione dell’insulina con la conseguenza che l’organismo, per reazione compensativa, rilascia una quantità eccessiva di questo ormone che è elemento fondamentale del grasso adiposo.
Stimolando l’eliminazione del grasso adiposo in eccesso, attraverso il Linfodrenaggio Metodo Vodder,si consente una riduzione dell’adiposità, poiché facilita l’eliminazione delle sostanze tossiche dell’organismo e dei liquidi in eccesso, agendo sulla circolazione sanguigna.
Fattori ereditari e genetica,indicano
in un studio americano condotto su 204 bambini, chiamato progetto HOME che,sin dai primi anni di vita,l'impatto dell'esposizione ad inquinanti ambientali era avvenuto tramite le loro madri,che erano state esposte alle acque del fiume Ohio contaminata dal DuPont.
Tutte le donne avevano un'età media di 29 anni circa,e le concentrazioni di PFOA nei loro bimbi di 8 anni circa, erano di due volte maggiore delle donne che erano state analizzate negli anni precedenti.
http://www.nopops.it/2015/12/obesita-e-pfoa/
martedì 1 dicembre 2015
" Costituendo Comitato di Fondazione di partecipazione ReMedia"
" Costituendo Comitato di Fondazione di partecipazione ReMedia"
Una parte consistente della popolazione mondiale presenta, dalla nascita o
sviluppa in seguito a sollecitazione dell’ambiente in cui vive, alcune predisposizioni
a non metabolizzare, in parte o del tutto, le numerose sostanze xenobiotiche con le
quali si entra in contatto quotidianamente (respirazione, ingestione, assorbimento
cutaneo, endotossine etc). Permanendo in ambienti inospitali e inquinati,
assumendo sostanze chimiche a scopi terapeutici o per contatto lavorativo,
sottoponendosi a condizioni psicofisiche stressanti, la detossificazione cellulare
subisce un forte rallentamento fino a determinare l’instaurarsi di condizioni
patologiche di varia intensità, con sintomi variabili e ingravescenti, fino al
cosiddetto “tilt” organico, spesso condizione dalla quale è impossibile tornare
indietro e guarire completamente.
Ci troviamo di fronte a malattie organiche, multisistemiche, che evolvono, se non
adeguatamente curate, in complicazioni, anche gravi, quali infiammazione cronica,
stress ossidativo e problemi neurologici ed immunitari.
La Sensibilità Chimica Multipla (MCS), l’Elettrosensibilità (EHS) e le altre patologie
frequentemente correlate come la stanchezza cronica, la fibromialgia, la sindrome
dell’edificio malato, possono essere curate se diagnosticate allo stadio iniziale, se
al malato vengono date indicazioni precise relative all’”evitamento” delle fonti
tossiche, se le terapie tengono conto della condizione metabolica del soggetto,
della capacità anti ossidativa, della fragilità e dei rischi che caratterizzano la sua
condizione organica e ambientale.
I dati relativi all’incidenza dell’MCS sono allarmanti, si parla di oscillazioni dal 3% al
9% della popolazione mondiale, con intensità variabile, accentuata nei territori
industrializzati, nella popolazione femminile, ma ultimamente anche fra uomini e
bambini, con più casi presenti all’interno dello stesso gruppo familiare.
Le quantità di sostanze chimiche e l’intensità dei campi elettromagnetici in grado di
scatenare reazioni fisiche possono essere anche molto basse, notevolmente
inferiori a quanto apparentemente tollerato dalla media della popolazione.
La MCS e la EHS comportano notevole privazione della libertà ed autonomia
personale e isolamento socio-relazionale; uffici pubblici, ospedali, studi medici,
aree verdi pubbliche, strade e negozi, diventano barriere ambientali insormontabili
a causa di profumazioni, chimiche, prodotti chimici di uso comune, campi
elettromagnetici, ripetitori, wi-fi.
Perché sostenere il progetto ReMedia
Il costituendo Comitato di Fondazione di partecipazione ReMedia è nato per
promuovere una serie di iniziative a supporto della costituzione della Fondazione. Il
progetto della Fondazione ReMedia nasce dalla constatazione che da troppi anni,
ai sensibili chimici e agli elettrosensibili in Italia, di fatto, viene negata la possibilità
di migliorare la propria qualità di vita, di accedere a cure risolutive sul territorio
nazionale o effettuate all’estero a costi sostenibili, di usufruire dell’assistenza e
delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale.
La qualità della vita di queste persone è inferiore perfino a quella di chi è affetto da
malattia cardiovascolare grave (fonte Istituto Robert Koch di Berlino 2002).
Lo Stato italiano non riconosce queste patologie in maniera uniforme su tutto il
territorio nazionale, non destina fondi per la cura e i bisogni quotidiani dei malati,
per la ricerca e per la formazione specifica del personale sanitario.
Il peso di questa condizione si riversa interamente sul malato stesso e sulla sua
famiglia.
Il progetto della Fondazione ReMedia persegue l’obiettivo di cercare le soluzioni ai
molteplici aspetti irrisolti che caratterizzano la condizione dei malati ambientali,
promuovendo anche un cambiamento culturale che ponga la persona malata su un
piano decisionale paritario e costruttivo, in linea con la moderna concezione di
medicina partecipata.
Cosa accade in Europa e nel mondo.
Le malattie ambientali, quando riconosciute e curate adeguatamente, mettono in
discussione sistemi produttivi e interessi commerciali di enorme portata. Per
questo motivo il cammino verso il riconoscimento è irto di ostacoli ed impedimenti.
Alcuni organismi scientifici e commissioni in evidente conflitto d’interessi ne hanno
di fatto rallentato il riconoscimento e la ricerca indipendente.
L’MCS è riconosciuta in diverse nazioni, Canada, Australia, Giappone, Africa del
Sud, Spagna, Danimarca ed altre, inoltre in Germania è inclusa nella
Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (WHO), ICI-10, con il codice T 78.4, “allergia non specificata”.
Alcuni paesi, in assenza di normative specifiche, per quanto attiene il problema
dell’inquinamento elettromagnetico e dell’esistenza di persone elettrosensibili,
hanno legiferato autonomamente, ma il quadro normativo e le tutele sono lacunose
se non inesistenti nella maggioranza dei casi.
L’Università svedese di Orebro ha richiesto allo IARC (Agenzia internazionale per
la ricerca sul cancro) di riclassificare le radiofrequenze dalla attuale classe 2b
(possibile cancerogeno per l’uomo), alla classe 1 (cancerogeno per l’uomo).
A livello europeo diverse sono state le iniziative dei parlamentari e le direttive per
gli stati membri, in massima parte disattese fin ora in Italia.
Carta di Bruxelles 2015
Recentemente, dopo il 5° Congresso di Parigi del maggio 2015, è stata pubblicata
la Dichiarazione scientifica internazionale di Bruxelles, stilata da medici, ricercatori
e scienziati indipendenti di tutto il mondo.
Nella Dichiarazione si legge : “Noi medici, in conformità
con il giuramento di Ippocrate, noi scienziati, che agiamo in nome della verità
scientifica, tutti noi medici e ricercatori che lavoriamo in diversi paesi del mondo
dichiariamo che: un numero elevato e sempre crescente di persone soffre di EHS e
MCS; che EHS e MCS possono colpire le donne, gli uomini e i bambini; che, sulla
base delle prove scientifiche attualmente disponibili (…) e sulla base di indagini
cliniche e biologiche effettuate sui pazienti, EHS è associato all’esposizione a
campi elettromagnetici e MCS all’esposizione chimica; (…); che l’innesco della
malattia (…) può essere ottenuto anche in un ambiente naturale con livelli limitati di
elettromagnetismo; (…); che gli attuali (…) test di provocazione che mirano a
riprodurre EHS e MCS sono scientificamente difficili da ricostruire e quindi (…)
sono in realtà poco adatti per provare o confutare la causalità (…); (…); che nuovi
approcci stanno emergendo per la diagnosi clinica e biologica di EHS e MCS
compreso l’uso di biomarcatori; che EHS e MCS possono essere due facce della
stessa condizione patologica, che può causare gravi conseguenze per la salute, la
vita professionale e familiare; infine, che EHS e MCS dovrebbero essere
pienamente riconosciuti dalle istituzioni internazionali e nazionali con responsabili
per danni alla salute umana.(…) EHS e MCS vanno riconosciute come vere
condizioni mediche e in qualità di malattie possono creare gravi problemi per la
salute pubblica oggi e negli anni a venire, in tutto il mondo e in tutti i paesi in cui c’è
un utilizzo illimitato di tecnologie wireless elettromagnetiche (…). L’inazione sta
diventando un costo per la società (…).
Anche se la nostra conoscenza scientifica sull’argomento non è del tutto completa,
riconosciamo unanimemente questo grave pericolo per la salute pubblica, che
richiede con urgenza il riconoscimento di questa condizione a tutti i livelli
internazionali, in modo che le persone possano beneficiare di strumenti diagnostici
adeguati, trattamenti innovativi e, soprattutto, che vengano prese estreme misure
di prevenzione primaria (…), applicate soprattutto (…) ai bambini e ad altri
sottogruppi di popolazione più vulnerabile (…).
Chiediamo pertanto a tutti gli organi e a tutte le istituzioni nazionali e internazionali
di prendere coscienza di questo problema (…), in particolare l’OMS, che dovrebbe
aggiornare la sue dichiarazioni, quella del 2005 e quella del 2014, riconoscendo
EHS e MCS come parte della Classificazione Internazionale delle Malattie (…) al
fine di aumentare la consapevolezza della comunità medica e del pubblico in
generale; per promuovere la ricerca e per informare sulle efficaci misure di
prevenzione.
Chiediamo che ci venga data una risposta a questa nostra Dichiarazione entro il 15
Settembre 2015.
Il progetto di lavoro del Comitato ReMedia persegue anche l’obiettivo del riconoscimento della disabilità ambientale, e della sensibilizzazione sociale sul tema. Chiediamo che la Malattia Ambientale venga considerata come condizione che comporta un'alterazione
dello stato di salute della persona indotto da fattori ambientali, con conseguente definizione
della Disabilità Ambientale come una ridotta capacità della persona nella sua relazione con l'ambiente circostante.
Molto si può fare nonostante il vuoto informativo ed istituzionale nel quale dobbiamo agire. Lo si può fare a livello istituzionale, medico-scientifico, familiare,
scolastico e lavorativo. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per informare cittadini,medici e istituzioni e perseguire gli obiettivi per i quali ci stiamo costituendo.
Documento redatto a cura di Mirella Valentini.
Per informazioni:380/3860309,mcsinfopuglia@libero.it
Una parte consistente della popolazione mondiale presenta, dalla nascita o
sviluppa in seguito a sollecitazione dell’ambiente in cui vive, alcune predisposizioni
a non metabolizzare, in parte o del tutto, le numerose sostanze xenobiotiche con le
quali si entra in contatto quotidianamente (respirazione, ingestione, assorbimento
cutaneo, endotossine etc). Permanendo in ambienti inospitali e inquinati,
assumendo sostanze chimiche a scopi terapeutici o per contatto lavorativo,
sottoponendosi a condizioni psicofisiche stressanti, la detossificazione cellulare
subisce un forte rallentamento fino a determinare l’instaurarsi di condizioni
patologiche di varia intensità, con sintomi variabili e ingravescenti, fino al
cosiddetto “tilt” organico, spesso condizione dalla quale è impossibile tornare
indietro e guarire completamente.
Ci troviamo di fronte a malattie organiche, multisistemiche, che evolvono, se non
adeguatamente curate, in complicazioni, anche gravi, quali infiammazione cronica,
stress ossidativo e problemi neurologici ed immunitari.
La Sensibilità Chimica Multipla (MCS), l’Elettrosensibilità (EHS) e le altre patologie
frequentemente correlate come la stanchezza cronica, la fibromialgia, la sindrome
dell’edificio malato, possono essere curate se diagnosticate allo stadio iniziale, se
al malato vengono date indicazioni precise relative all’”evitamento” delle fonti
tossiche, se le terapie tengono conto della condizione metabolica del soggetto,
della capacità anti ossidativa, della fragilità e dei rischi che caratterizzano la sua
condizione organica e ambientale.
I dati relativi all’incidenza dell’MCS sono allarmanti, si parla di oscillazioni dal 3% al
9% della popolazione mondiale, con intensità variabile, accentuata nei territori
industrializzati, nella popolazione femminile, ma ultimamente anche fra uomini e
bambini, con più casi presenti all’interno dello stesso gruppo familiare.
Le quantità di sostanze chimiche e l’intensità dei campi elettromagnetici in grado di
scatenare reazioni fisiche possono essere anche molto basse, notevolmente
inferiori a quanto apparentemente tollerato dalla media della popolazione.
La MCS e la EHS comportano notevole privazione della libertà ed autonomia
personale e isolamento socio-relazionale; uffici pubblici, ospedali, studi medici,
aree verdi pubbliche, strade e negozi, diventano barriere ambientali insormontabili
a causa di profumazioni, chimiche, prodotti chimici di uso comune, campi
elettromagnetici, ripetitori, wi-fi.
Perché sostenere il progetto ReMedia
Il costituendo Comitato di Fondazione di partecipazione ReMedia è nato per
promuovere una serie di iniziative a supporto della costituzione della Fondazione. Il
progetto della Fondazione ReMedia nasce dalla constatazione che da troppi anni,
ai sensibili chimici e agli elettrosensibili in Italia, di fatto, viene negata la possibilità
di migliorare la propria qualità di vita, di accedere a cure risolutive sul territorio
nazionale o effettuate all’estero a costi sostenibili, di usufruire dell’assistenza e
delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale.
La qualità della vita di queste persone è inferiore perfino a quella di chi è affetto da
malattia cardiovascolare grave (fonte Istituto Robert Koch di Berlino 2002).
Lo Stato italiano non riconosce queste patologie in maniera uniforme su tutto il
territorio nazionale, non destina fondi per la cura e i bisogni quotidiani dei malati,
per la ricerca e per la formazione specifica del personale sanitario.
Il peso di questa condizione si riversa interamente sul malato stesso e sulla sua
famiglia.
Il progetto della Fondazione ReMedia persegue l’obiettivo di cercare le soluzioni ai
molteplici aspetti irrisolti che caratterizzano la condizione dei malati ambientali,
promuovendo anche un cambiamento culturale che ponga la persona malata su un
piano decisionale paritario e costruttivo, in linea con la moderna concezione di
medicina partecipata.
Cosa accade in Europa e nel mondo.
Le malattie ambientali, quando riconosciute e curate adeguatamente, mettono in
discussione sistemi produttivi e interessi commerciali di enorme portata. Per
questo motivo il cammino verso il riconoscimento è irto di ostacoli ed impedimenti.
Alcuni organismi scientifici e commissioni in evidente conflitto d’interessi ne hanno
di fatto rallentato il riconoscimento e la ricerca indipendente.
L’MCS è riconosciuta in diverse nazioni, Canada, Australia, Giappone, Africa del
Sud, Spagna, Danimarca ed altre, inoltre in Germania è inclusa nella
Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (WHO), ICI-10, con il codice T 78.4, “allergia non specificata”.
Alcuni paesi, in assenza di normative specifiche, per quanto attiene il problema
dell’inquinamento elettromagnetico e dell’esistenza di persone elettrosensibili,
hanno legiferato autonomamente, ma il quadro normativo e le tutele sono lacunose
se non inesistenti nella maggioranza dei casi.
L’Università svedese di Orebro ha richiesto allo IARC (Agenzia internazionale per
la ricerca sul cancro) di riclassificare le radiofrequenze dalla attuale classe 2b
(possibile cancerogeno per l’uomo), alla classe 1 (cancerogeno per l’uomo).
A livello europeo diverse sono state le iniziative dei parlamentari e le direttive per
gli stati membri, in massima parte disattese fin ora in Italia.
Carta di Bruxelles 2015
Recentemente, dopo il 5° Congresso di Parigi del maggio 2015, è stata pubblicata
la Dichiarazione scientifica internazionale di Bruxelles, stilata da medici, ricercatori
e scienziati indipendenti di tutto il mondo.
Nella Dichiarazione si legge : “Noi medici, in conformità
con il giuramento di Ippocrate, noi scienziati, che agiamo in nome della verità
scientifica, tutti noi medici e ricercatori che lavoriamo in diversi paesi del mondo
dichiariamo che: un numero elevato e sempre crescente di persone soffre di EHS e
MCS; che EHS e MCS possono colpire le donne, gli uomini e i bambini; che, sulla
base delle prove scientifiche attualmente disponibili (…) e sulla base di indagini
cliniche e biologiche effettuate sui pazienti, EHS è associato all’esposizione a
campi elettromagnetici e MCS all’esposizione chimica; (…); che l’innesco della
malattia (…) può essere ottenuto anche in un ambiente naturale con livelli limitati di
elettromagnetismo; (…); che gli attuali (…) test di provocazione che mirano a
riprodurre EHS e MCS sono scientificamente difficili da ricostruire e quindi (…)
sono in realtà poco adatti per provare o confutare la causalità (…); (…); che nuovi
approcci stanno emergendo per la diagnosi clinica e biologica di EHS e MCS
compreso l’uso di biomarcatori; che EHS e MCS possono essere due facce della
stessa condizione patologica, che può causare gravi conseguenze per la salute, la
vita professionale e familiare; infine, che EHS e MCS dovrebbero essere
pienamente riconosciuti dalle istituzioni internazionali e nazionali con responsabili
per danni alla salute umana.(…) EHS e MCS vanno riconosciute come vere
condizioni mediche e in qualità di malattie possono creare gravi problemi per la
salute pubblica oggi e negli anni a venire, in tutto il mondo e in tutti i paesi in cui c’è
un utilizzo illimitato di tecnologie wireless elettromagnetiche (…). L’inazione sta
diventando un costo per la società (…).
Anche se la nostra conoscenza scientifica sull’argomento non è del tutto completa,
riconosciamo unanimemente questo grave pericolo per la salute pubblica, che
richiede con urgenza il riconoscimento di questa condizione a tutti i livelli
internazionali, in modo che le persone possano beneficiare di strumenti diagnostici
adeguati, trattamenti innovativi e, soprattutto, che vengano prese estreme misure
di prevenzione primaria (…), applicate soprattutto (…) ai bambini e ad altri
sottogruppi di popolazione più vulnerabile (…).
Chiediamo pertanto a tutti gli organi e a tutte le istituzioni nazionali e internazionali
di prendere coscienza di questo problema (…), in particolare l’OMS, che dovrebbe
aggiornare la sue dichiarazioni, quella del 2005 e quella del 2014, riconoscendo
EHS e MCS come parte della Classificazione Internazionale delle Malattie (…) al
fine di aumentare la consapevolezza della comunità medica e del pubblico in
generale; per promuovere la ricerca e per informare sulle efficaci misure di
prevenzione.
Chiediamo che ci venga data una risposta a questa nostra Dichiarazione entro il 15
Settembre 2015.
Il progetto di lavoro del Comitato ReMedia persegue anche l’obiettivo del riconoscimento della disabilità ambientale, e della sensibilizzazione sociale sul tema. Chiediamo che la Malattia Ambientale venga considerata come condizione che comporta un'alterazione
dello stato di salute della persona indotto da fattori ambientali, con conseguente definizione
della Disabilità Ambientale come una ridotta capacità della persona nella sua relazione con l'ambiente circostante.
Molto si può fare nonostante il vuoto informativo ed istituzionale nel quale dobbiamo agire. Lo si può fare a livello istituzionale, medico-scientifico, familiare,
scolastico e lavorativo. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per informare cittadini,medici e istituzioni e perseguire gli obiettivi per i quali ci stiamo costituendo.
Documento redatto a cura di Mirella Valentini.
Per informazioni:380/3860309,mcsinfopuglia@libero.it